La Via Bibulca
La Via Bibulca fu costruita attorno al Mille, e fu un’importante via di attraversamento fra Modena e la Toscana, ancora utilizzata nel XVI secolo. Il tracciato fu ripreso dal primo progetto della strada ducale nel 1738, abbandonato poi dal Vandelli per il percorso di crinale. La via faceva parte di un itinerario molto più lungo, che collegava Lucca a Canossa. La via Bibulca era così chiamata perché era abbastanza larga da consentire il passaggio di due buoi appaiati, misura eccezionale per quel tempo: una vera superstrada del Medioevo. Il percorso risaliva le valli del Dolo e del Dragone fino al Passo delle Radici, mettendo in comunicazione il Modenese con la Garfagnana. Come le moderne autostrade, era a pagamento: e il pedaggio che si doveva sborsare per percorrerla non doveva essere di poco conto, a giudicare dall’impegno col quale gli abati di Frassinoro, si prodigarono per conservare il loro privilegio di riscossione. La strada conservò quindi grande importanza commerciale fino al Settecento inoltrato. |
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La Via Vandelli |
La via Vandelli, dalla croce dell’Ospizio di San
Pellegrino si dirige verso Castelnuovo di Garfagnana, poi verso le Alpi Apuane,
che valica al Passo della Tambura. E’ la prima strada "moderna" nell’Europa del
‘700: era stata voluta dal Duca di Modena Francesco III per rendere più agevole
il percorso Modena - Massa. Prende il nome dall’architetto Vandelli che progettò
l’opera, considerata ciclopica in epoca medievale. La recentissima "Nuova
Estense" non è altro che una nuova edizione della via Vandelli nel suo tracciato
del 1739. Il suo primo percorso era quello della valle del Secchia. A sua volta,
la via Vandelli ricalcava in parte la Via Bibulca ; storicamente infatti le
strade non stanno ‘ferme’, ma sono soggette a un perenne cambiamento in cerca di
nuovi percorsi nella stessa "area di strada" . La via Vandelli, nel tratto che
porta al santuario di San Pellegrino in Alpe, era conosciuta da grandi masse di
fedeli che vi si recavano in atto di devozione, facendo alcuni tratti sulle
ginocchia.
Da Modena la Via Vandelli si dirigeva a Pavullo nel
Frignano quindi a Barigazzo per salire, poi, al Sasso Tignoso sopra Sant’Anna
Pelago e per l’Imbracamento e Santona valicava poi l‘Appennino al passo di San
Pellegrino in Alpe; scendeva poi da Chiozza verso la Garfagnana e svoltava a
destra prima di Castelnuovo per dirigersi verso la valle dell’Edron a Fabbriche
di Careggine: per chi avesse visitato questo paese sommerso dal lago di Vagli
durante uno dei decennali svuotamenti del bacino artificiale è opportuno
ricordare che la Via Vandelli attraversava il paese sopra il caratteristico
ponte. Da qui la strada saliva verso la Valle di Arnetola, oltre Vagli di Sopra,
per affrontare l’ardua ascesa al Passo della Tambura: questo passo, così come lo
vediamo adesso, fu allargato artificialmente con le mine per farvi passare la
Via; da qui la strada precipita verso Resceto superando un dislivello di 1100 m.
in appena 6 km. grazie all’abbondante uso di muri a secco (questa parte di
strada è stata recentemente restaurata con grande perizia da parte della
Comunità Montana ed è in ottimo stato) per poi terminare a Massa. Tutto questo
l’ho narrato perché è opportuno e doveroso conoscere anche le vicende storiche
dei luoghi dove
facciamo le escursioni: quanta
storia sotto i nostri piedi
salendo la Vandelli.
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